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Industria delle costruzioni, rapporto Ance E-R 2019/2020: la lenta ripresa post crisi va consolidata

Anche nel 2019 si è confermata la lenta ripresa del settore delle costruzioni in Emilia-Romagna dopo gli anni della grande crisi registrata tra il 2007 e il 2015. Nell’anno appena concluso si è osservato infatti un aumento del 2,9% (+2,3% la media nazionale) degli investimenti in costruzioni rispetto al 2018, confermando una dinamica positiva in atto da tre anni. Per il 2020 si prevede poi un aumento dei livelli produttivi pari al 2% in termini reali (+1,7% la media nazionale).

Segni in positivo anche per quel che riguarda i lavoratori operanti nel settore, che nei primi 9 mesi del 2019 sono cresciuti del 3,2%.
Continuano ad aumentare anche le compravendite di abitazioni (+7,3% nei primi 9 mesi del 2019 rispetto allo stesso periodo del 2018), così come non si arresta la crescita dei permessi a costruire ritirati per nuove abitazioni e ampliamenti (+12,7% secondo l’ultima rilevazione, risalente a fine 2018).
In risalita anche i bandi di gara per lavori pubblici (+6,1% in valore su base annua, seppure in flessione dell’11,6% nel numero complessivo). Segno più inoltre nella spesa per investimenti degli enti locali emiliano-romagnoli: nei primi 10 mesi del 2019 l’incremento è stato del 25% rispetto all’anno precedente.
Sono invece in calo del 3,2% i finanziamenti degli istituti di credito per investimenti in edilizia residenziale e di ben il 46% quelli per il non residenziale. In diminuzione anche i mutui concessi alle famiglie per l’acquisto di case (-2%).
Sono i dati principali che emergono dal rapporto 2019 sull’industria delle costruzioni nella nostra regione presentato oggi da ANCE Emilia Romagna ed elaborato dalla Direzione Affari Economici e Centro Studi dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili.

La fotografia di un settore che cerca di riprendersi dalla grande crisi
Oggi il settore delle costruzioni emiliano-romagnolo rappresenta per investimenti il 7,4% dell’economia regionale, il 15,8% degli addetti nell’industria e il 5,1% dei lavoratori che operano nell’insieme dei settori di attività economica. Nell’ultimo decennio le costruzioni hanno vissuto una crisi pesantissima che ha iniziato ad attenuarsi solo di recente – pur con ancora molti elementi di incertezza – e che ha portato a una contrazione degli investimenti di quasi il 33%, con conseguenze molto rilevanti su imprese e occupati.
Sono 44.320 le imprese operanti nel settore (il dato si riferisce all’ultima elaborazione Istat disponibile, risalente alla fine del 2017), con una media di 2,5 addetti per impresa e una netta prevalenza di quelle a carattere individuale. La grande maggioranza, pari a quasi 40mila imprese, rientra in un fatturato fino a 500mila euro. Nel 2008, prima della crisi, i numeri del settore delle costruzioni erano molto diversi: le imprese in regione erano circa 60.000 e gli occupati 163mila mentre oggi superano di poco i 100.000, il 39% in meno. Ad essere più colpiti dalla crisi sono stati gli addetti indipendenti (oltre 42.000 hanno interrotto l’attività) a fronte dei 21.000 dipendenti che hanno perso il posto di lavoro. Anche le imprese nella classe 10-49 addetti hanno subito un calo importante (-31,8%) mentre è scomparso il 26,2% di quelle con oltre 50 addetti.

Compravendite di case in crescita ma trionfa l’usato di bassa qualità
Sono state 39.162 le compravendite di unità immobiliari ad uso abitativo in Emilia-Romagna nei primi 9 mesi del 2019 (+7,3% sullo stesso periodo del 2018, superiore al +5,7% della media italiana). L’andamento positivo del mercato immobiliare residenziale emiliano-romagnolo prosegue dal 2014, sia nei comuni capoluogo che in quelli non capoluogo, con un aumento complessivo in questo periodo del 50% di abitazioni compravendute. In questa classifica Bologna, con +8,7%, è seconda solo a Milano (+9,3%) tra le grandi città italiane. Il 90% delle compravendite immobiliari riguarda l’usato, i cui prezzi si sono stabilizzati nel corso del 2019 dopo aver perso il 22% del valore medio in 10 anni. Le abitazioni nuove invece hanno fatto registrare nel 2019 un +1,3% dei prezzi (+3% rispetto al 2010).

Un mercato del credito in ulteriore contrazione, non omogeneo nelle province della regione
Tra il 2007 e il 2017 i finanziamenti erogati per nuovi investimenti in costruzioni sono diminuiti in Italia di circa il 70%, in particolare nel comparto residenziale. Solo nel 2018 si è osservata una variazione positiva (+6,6% rispetto al 2017 nel residenziale e +15,8% nel non residenziale). Nel 2019 sono tornati però nuovamente a diminuire, anche in Emilia-Romagna. Se per il non residenziale la contrazione dei finanziamenti (mediamente del 46%) ha interessato tutte le province tranne quella di Piacenza (che ha segnato +47%), quella che riguarda il residenziale (la media è -3,2%) ha registrato variazioni molto positive a Parma, Modena e Piacenza, sostanzialmente pari a zero a Bologna e piuttosto negative nelle restanti province. A questo dato si aggiunge quello relativo alle sofferenze lorde del settore delle imprese di costruzioni. Su 7,6 miliardi di euro di sofferenze lorde localizzati in Emilia-Romagna, 5,6 miliardi fanno capo alle imprese e 2,2 di questi sono attribuibili al settore delle costruzioni, ponendo la nostra regione al terzo posto in Italia (dopo la Lombardia e il Lazio). Le forti difficoltà nell’accesso al credito si traducono nell’impossibilità di avvio di nuovi progetti di sviluppo da parte delle imprese.
L’erogazione di nuovi mutui è stata nel 2019 molto difficile anche per le famiglie, facendo registrare valori negativi in tutte le province con l’eccezione positiva di Bologna.

Salgono gli investimenti pubblici ma i livelli pre-crisi sono ancora lontani
Nei primi 10 mesi del 2019 in Emilia-Romagna la spesa in conto capitale dei comuni a sostegno di investimenti e appalti pubblici ha fatto segnare un incremento significativo (+25%), che si va ad aggiungere al +10,6% del 2018. Una buona ripartenza dopo la riduzione del 60% che si è registrata tra il 2008 e il 2017 ma i livelli produttivi da recuperare sono ancora lontani. Nel 2019 sono stati pubblicati 1.400 bandi di gara per lavori pubblici nella nostra regione, per un ammontare di oltre 2 miliardi di euro. Un valore in crescita del 6,1% ma in flessione dell’11,6% per il numero di pubblicazioni.

Gli interventi strutturali di miglioramento sismico potrebbero valere 8,5 miliardi di euro
Nel report 2019 – avvalendosi di dati Istat, della Protezione Civile e dell’analisi di Oice (Associazione delle organizzazioni di ingegneria di architettura e di consulenza tecnico economica) – ANCE ha quantificato il possibile costo degli interventi strutturali di miglioramento sismico per mettere in sicurezza il patrimonio residenziale dell’Emilia-Romagna. Quasi tutto il territorio regionale (95% dei comuni) ricade in aree a rischio sismico in zona 2 e 3 che sono abitate da oltre 4 milioni di persone che risiedono in quasi 780mila immobili (di cui circa 600mila edificati prima della normativa antisismica per nuove costruzioni e di quella per l’efficienza energetica). Solo il 3,5% di questi immobili è stato costruito dopo il 2005. La stima del costo complessivo per interventi strutturali di miglioramento sismico per mettere in sicurezza il patrimonio edilizio delle famiglie dell’Emilia-Romagna è di circa 8,5 miliardi di euro.

Il presidente Stefano Betti: “messa in sicurezza del territorio, rigenerazione urbana sostenibile e semplificazione burocratica: le tre vie per una ripresa duratura del settore”
“Il settore delle costruzioni emiliano-romagnolo da alcuni anni sta uscendo dal lungo periodo della crisi, seppure con ritmi e valori ancora molto distanti da quelli che hanno preceduto il 2008. La strada verso la risalita è perciò lunga e complessa e necessita di scelte e interventi che possano consolidare la ripresa. Il 2019 è stato un altro anno con segni quasi tutti timidamente positivi, anche se continua a preoccupare l’andamento del mercato del credito che stenta a ridare fiducia ai costruttori – commenta Stefano Betti, presidente di ANCE Emilia Romagna -. La crescita regionale del settore è di poco superiore alla media nazionale ma non va tralasciato che è influenzata ancora dagli effetti della ricostruzione post sisma del 2012, in particolare nelle province di Modena, Ferrara e Bologna”.
Sulla scorta di questi dati il presidente Betti rilancia la necessità di interventi che siano di pubblica utilità. “Anche in Emilia-Romagna non sono più rimandabili opere per garantire la sicurezza e la qualità della vita dei cittadini, prevenire le conseguenze degli eventi catastrofici naturali e rendere il patrimonio infrastrutturale adeguato alle esigenze delle persone e delle attività economiche – sottolinea Betti -. Non è possibile immaginare il futuro delle nostre città senza affrontare il tema della messa in sicurezza e della riqualificazione in chiave energetica degli edifici. Il primo ambito su cui gli enti locali possono incidere è quello della messa in sicurezza di territori ed edifici pubblici, con le opere necessarie a contrastare il dissesto idrogeologico che purtroppo coinvolge ancora tutte le nostre aree, dalle pianure alle zone montane passando per le coste e l’adeguamento di tutti gli edifici scolastici e amministrativi. Una seconda necessità è lo snellimento e semplificazione delle pratiche burocratiche, in particolare per ridurre i tempi delle pratiche urbanistiche e consentire tempi “umani” tra lo stanziamento delle risorse per gli appalti pubblici e l’ avvio dei cantieri. Il terzo ambito è quello della rigenerazione urbana sostenibile, vero rinascimento urbano che deve essere supportato da alleanze, azioni e strumenti concreti. Occorre che la Regione prosegua nell’incoraggiarla con strumenti legislativi adeguati e che i Comuni implementino in questo senso i PUG, cioè gli strumenti a loro disposizione per la disciplina urbanistica, mettendoli a regime”.
Una riflessione, infine, su centralità e ruolo strategico del settore nell’intera economia regionale. “L’ambito delle costruzioni riguarda una percentuale molto importante della produzione industriale, dell’occupazione e del PIL locale, superiore al 20% se si tiene presente la filiera lunga che esso attiva – conclude Stefano Betti -. Coinvolgiamo inoltre circa l’80% dei settori economici e la ricchezza che si genera ricade sul territorio stesso perché qui si trovano la stragrande maggioranza delle imprese e dei loro fornitori. Investire e intervenire nelle costruzioni, significa città più competitive, efficienti, sostenibili e accessibili, mediante un uso consapevole del territorio e delle risorse, significa attività produttive ed economiche responsabili, è perciò il modo migliore per sostenere tutta l’economia regionale. Per questi motivi chiediamo all’Amministrazione che uscirà vincitrice dalle elezioni del prossimo 26 gennaio di aprire nel più breve tempo possibile un tavolo regionale del settore delle costruzioni per trovare insieme risposte che permettano alla ripresa di consolidarsi”.