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Lavoro, Tullia Bevilacqua (Ugl): “Dimissioni volontarie in aumento per le neomamme a Bologna e in Emilia-Romagna”

La questione del  ritorno sul posto di lavoro    dopo la gravidanza e il parto è diventata centrale in Emilia-Romagna e nel capoluogo,  Bologna, dove il numero delle donne che si dimette volontariamente   sta aumentando in modo marcato.  Si è passati , infatti, dalle 700 dimissioni del 2014 alle 1.300 del 2018, con un trend in costante crescita, secondo   la relazione annuale dell’Ispettorato del Lavoro.

Su scala regionale va anche peggio:  le dimissioni volontarie dal lavoro in Emilia-Romagna sono state 5.184 nel 2018, contro le 4.219 del 2017 (+ 23%). Di queste, 3.351, ovvero  il 65%, hanno riguardato le lavoratrici madri. Nel 2017 erano state 2.872 (+ 17%).

“Questo dato, associato a quello del tasso medio di occupazione femminile che in Italia è del 48%, con solo 2 punti percentuali in più rispetto all’anno della grande crisi, il 2006, dimostra che la questione occupazionale per il mondo femminile  non stia affatto migliorando, piuttosto: sta peggiorando”: commenta il segretario generale regionale Emilia-Romagna del sindacato Ugl, Tullia Bevilacqua.

A Bologna nei primi 10 mesi dell’anno   hanno dato le dimissioni volontarie  1.296 persone, con le donne a presentare un numero doppio rispetto agli uomini (872 contro 424). Il motivo principale che spinge un terzo delle donne a lasciare il posto di  lavoro è la difficoltà nel conciliare la cura del figlio con l’impegno a svolgere l’incarico lavorativo.

Le dimissioni convalidate  riguardano principalmente il Nord del paese con 31.691 casi (64%), mentre al Centro sono state 9.055 (18%) e 8.705 al Sud (18%). L’Emilia-Romagna è tra le regioni maggiormente interessate dal fenomeno, subito dopo la Lombardia   e il Veneto.

“Tutte le statistiche dimostrano che in Italia la maternità continua a essere il principale motivo di abbandono del lavoro   da parte delle donne.  Esistono problemi oggettivi in alcune aziende che vorrebbero ignorare le norme: il datore di lavoro non può in nessun caso licenziare una madre fino al compimento del primo anno di età del bambino, eppure la pressione psicologica su molte neomamme diventa in alcuni casi asfissiante. C’è chi le invita a licenziarsi,  facendo leva sui sensi di colpa, proprio mentre  pediatri e neonatologi  sottolineano  l’importanza per le mamme di instaurare un rapporto forte durante le prime settimane di vita del bambino . E  c’è una certa difficoltà a concedere il part-time“:  aggiunge Tullia Bevilacqua.

“Per contrastare il fenomeno servono   agevolazioni   per le mamme che tornano al lavoro al termine della maternità. In Emilia-Romagna molti Comuni sono all’avanguardia nell’adottare (come accade proprio a Bologna) misure importanti a  sostegno della maternità, come lo sconto sulla Tari in relazione al numero dei figli, la riduzione delle tasse scolastiche e il taglio delle rette dei nidi. Ma non basta. Serve un vero e proprio cambio di mentalità anche negli imprenditori. Sì,  perché le aziende devono essere, o dovrebbero essere, sempre  in grado di sostenere in modo adeguato le lavoratrici – madri. Questo sta già accadendo in alcune grandi realtà italiane e internazionali, le quali, per poter conservare i propri talenti anche di fronte alla maternità, stanno impostando  nuove politiche interne per non lasciare da sole le madri al rientro in azienda, accompagnandole e sostenendole in questo passaggio delicato. Ma in molte medie e piccole aziende non si riesce a far decollare questo percorso virtuoso. Proprio nelle Pmi, che rappresentano il 97% della tipologia aziendale in Italia, non si registra quel necessario aggiornamento  sulle leggi e sugli strumenti che possono trasformare i congedi di maternità delle lavoratrici in un’opportunità per entrambe le parti”: spiega il segretario generale dell’ Ugl  Emilia-Romagna.

Il sindacato ha portato il tema anche in ambito istituzionale, in assemblea legislativa regionale, e in seno al Patto regionale del lavoro. L’Ugl Emilia-Romagna chiede che si intensifichiamo anche i controlli da parte  degli Ispettori del lavoro per verificare la genuinità della volontà delle lavoratrici di abbandonare il proprio impiego.